Nuovi poveri Proposta inviata al Sindaco, ai Capigruppo e al Presidente del Consiglio comunale
Gentilissimo Sindaco,
a Persiceto risiedono donne e uomini che mai prima d’ora avevano dovuto sperimentare condizioni di vita tanto problematiche.
L’impatto del coronavirus è devastante e sta creando una nuova classe sociale di indigenti: i nuovi poveri che non riescono più a sbarcare il lunario e faticano a persino a fare la spesa.
A rischio operai, autonomi e negozianti che loro malgrado si sono ritrovati senza nulla in tasca. Chi ha perso il lavoro, chi ha dovuto chiudere, chi svolgeva attività saltuarie e non gode di sussidi pubblici. Giovani e anziani, famiglie che non hanno abbastanza risparmi da parte.
Per ripartire insieme il Comune ha il dovere di non lasciare indietro nessuno e di aiutare la schiera di nuovi poveri cui il virus sta portando via lavoro e risparmi.
Eppure la Giunta ha partorito le linee guida dei buoni spesa (Delibera n.37 del 03/04/2020) solo dopo l’assegnazione da parte della Protezione Civile dei 149.991,85€ da destinare a misure urgenti di solidarietà alimentare (Ordinanza n.658 del 29/03/2020). Così a un mese dall’inizio della crisi tarderanno ancor di più ad arrivare.
L’emergenza sociale non ha precedenti dal dopoguerra, ma è sempre la burocrazia a farla da padrona con un bando per dei buoni spesa che saranno assegnati solo a procedura conclusa.
Una scelta politica indecifrabile che rischia di lasciare senza aiuti ancora a lungo proprio chi si vergogna di trovarsi per prima volta in queste difficoltà.
In pochi giorni si sono susseguite due delibere di Giunta con la modifica dei requisiti iniziali, lasciando però immutata la barriera d’ingresso dei 600€ di reddito mensile per nucleo famigliare a prescindere dal numero dei componenti.
Poi sono stati pubblicati tre avvisi e modificato per due volte il modulo di richiesta senza preoccuparsi di come avrebbe fatto a saperlo chi era fuori dalla rete chiuso in casa. Nessun altoparlante, nessun volantino come invece per i divieti.
Dopo soltanto tre settimane è scaduto il tempo per mandare la richiesta via mail o consegnarla nella famigerata buchetta a fianco dello scalone, ovviamente solo per chi poteva stampare, scansionare e fotocopiare tutta la documentazione.
Alla fine, nonostante le linee guida labirintiche e il bando chiuso, sono 408 le domande pervenute, una foto inedita della crepa aperta nel paese. Soltanto 172 quelle accolte per un importo in buoni spesa di 45.225€ rispetto ai quasi 150.000€ disponibili. Tante le domande escluse, ben 236, la maggior parte per reddito superiore, domanda incompleta o pervenuta oltre i termini.
Sorpresa. Non hanno scritto da nessuna parte quando e quanti buoni spesa ti daranno alla fine del bando.
Non è andata bene per niente e dopo poco più di un mese il Comune deve pubblicare un nuovo avviso per i 104.766,85€ non ancora assegnati, il quarto “Avviso pubblico per la erogazione di buoni spesa per generi alimentari e prodotti di prima necessità e relativo modulo di richiesta”. Alcuni requisiti sono stati modificati, ma la procedura resta comunque quella.
L’istruttoria è ancora in corso, ma ci sono alcune lezioni che si possono già imparare.
Il Comune non ha ancora aiutato tutte le persone che lo hanno richiesto e ci sono più domande che risposte a persone e famiglie mai viste prima, nuovi poveri che rischiano di restare senza reddito ancora a lungo.
Una disperazione sociale che è un effetto collaterale del virus. E che in autunno sarà ancora più drammatica se non si mette in quarantena la burocrazia.
Pertanto, chiedo di rendere operativa senza indugi la proposta civica originaria del voucher famiglia. Un contributo tempestivo alle famiglie in difficoltà per affrontare le spese più urgenti, non solo per il cibo, ma anche per le bollette e l’affitto ad esempio. Il contributo dovrà essere erogato dal Comune direttamente in conto corrente entro pochi giorni dalla richiesta.
Per fare questo saranno utilizzati anche i contributi raccolti dal Comune attraverso il conto corrente dedicato alle donazioni per persone in difficoltà economica che dalla metà di marzo ai primi di aprile già ammontava a più di 30 mila euro.