Non è un paese per giovani #piùlibertà #ipocrisiazero #programma #civicamazzoli
La disoccupazione giovanile è un grande problema del nostro paese. I giovani di oggi stanno pagando un prezzo troppo alto per una crisi di cui non hanno alcuna colpa.
Ciò che più conta per capire il fenomeno della disoccupazione giovanile è il numero di chi il lavoro non ce l’ha. I confronti vanno fatti sul lungo periodo considerando i valori assoluti, poiché quelli espressi in percentuale sono spesso abusati.
575 giovani tra 16 e 34 anni erano senza lavoro nel 2011; 781 giovani senza lavoro nel 2014. I dati del Centro per l’impiego di San Giovanni riportano una situazione già di per sé grave, ma che con il passare del tempo peggiora.
Nel 2015, anno in cui sono entrate in vigore le nuove regole per la conservazione dello stato di disoccupazione (dal febbraio 2015 chi non conferma la DID al Centro per l’impiego trascorsi 6 mesi dal primo colloquio di orientamento perde automaticamente lo stato di disoccupazione), e dunque anno a partire dal quale si ingrossano le fila dei disoccupati nascosti, si contano comunque più di 470 giovani senza lavoro.
Il problema della disoccupazione giovanile a San Giovanni è più grave di quanto si pensi. Separare l’individuo dal lavoro significa negargli la libertà di esistere. E’ un esproprio delle sue facoltà creative, di parti importanti della sua vita relazionale, del suo contribuire alla comunità, del suo ruolo sociale e, non ultimo, con la mancanza di una fonte di reddito sicura, delle opportunità di soddisfare i suoi bisogni.
Se non si interviene c’è il rischio di perdere una generazione. Servono politiche attive (servizi per il lavoro e integrazione scuola lavoro) e un paese favorevole pronto a investire sul lavoro e lo spirito imprenditoriale dei giovani.
La nuova amministrazione deve invertire la tendenza lanciando due programmi sperimentali di voucher da assegnare ai giovani economicamente svantaggiati:
- voucher “studio”, per costruire percorsi di specializzazione su misura;
- voucher “impresa”, per acquistare l’assistenza necessaria allo start-up d’impresa, per mettersi in proprio avviando un lavoro autonomo o un’azienda.
Come si sa, il voucher è un titolo di acquisto (buono) che consente di acquistare prestazioni e servizi dai soggetti che li erogano. Nel voucher sono compresi tutti i costi di erogazione del servizio e la persona cui viene assegnato è libera di scegliere presso quale struttura utilizzarlo.
Già impiegato per dare attuazione alle politiche sociali, il voucher cambia la prospettiva a cui siamo abituati: finanzia la domanda (i bisogni del cittadino) invece che l’offerta (le strutture che erogano i servizi). Così la persona può rivolgersi a chi offre il servizio più adatto per lei.
E’ un sostegno tangibile e un buon modo per investire sui giovani e sui loro progetti (piuttosto che finanziare le strutture), perché rimette la capacità di spesa direttamente nelle mani del cittadino e va a riequilibrare le differenze sociali che determinano disparità nell’accesso alle opportunità di studio e lavoro.