Controinformazione Come fa il Paese ad andare avanti se le persone rimangono indietro?
I lavoratori che hanno frequentato la formazione migliore, hanno più probabilità di guadagno, vivono in quartieri migliori, risparmiano di più per la pensione e addirittura corrono meno rischi di cadere in depressione.
La maggior parte dell’apprendimento (ben il 90%) avviene on the job, ovvero sul luogo di lavoro, e solo in misura minore (10%) durante corsi di formazione formali.
la formazione è l’imperativo di una vita, un fattore di libertà, ma quella che conta è ancora riservata a pochi.
L’Italia ha uno spread formativo che ci relega agli ultimi posti in Europa.
Investe meno della Spagna e neanche la metà della Francia in formazione continua.
Nemmeno un Meuro all’anno per la FC, di cui la metà Fondi interprofessionali.
Solo 6 adulti su 100 partecipano ad attività formative.
Neanche una PMI su due fa formazione.
Buona parte del FSE dirottato su politiche passive.
ITS concentrati in poche regioni.
IeFP ordinamentale, ma subalterna sia alla scuola che al lavoro.
Ogni 100 contratti di lavoro solo 2 sono di apprendistato.
Passa dal centro per l’impiego appena il 2,6% dei nuovi assunti.
LEP inapplicati con buona pace degli articoli 117 e 118 della Costituzione.
Diamo tutte le colpe ai politici, agli economisti, ai burocrati – per niente innocenti – e non ci accorgiamo che la formazione nella sua essenza liberatrice, nella centralità assegnata all’individuo e ai valori universali dell’uomo, è in una crisi profonda.
Ma come fanno le persone ad andare avanti se la formazione resta indietro?
Come fa il Paese ad andare avanti se le persone rimangono indietro?
Il deficit formativo non è mai solo una questione intellettuale, ma implica sempre gravi conseguenza politiche ed economiche, e oggi lo vediamo più che mai.
La risposta è che per quanto sia difficile da quantificare, c’è un collegamento evidente tra le conoscenze e le competenze con cui si lavora e la vitalità di un Paese.
In altre parole: la formazione è giusta? Paese al top.
Ecco perché un servizio formativo in grado di offrire alle persone gli strumenti per affrontare un futuro più che mai incerto è il cuore della nuova formazione da fare, affinché il Paese torni a investire su sé stesso, sui suoi cittadini.
Oltre la crisi, infatti, si delineano le grande sfide economiche, sociali, culturali, tecnologiche che vedono le imprese dei servizi formativi e i formatori protagonisti di una fase di profonda trasformazione per produrre ricchezza, benessere economico e sociale.