Per un libertarismo vincente Beniamino Di Martino
«Queste meditazioni nascono dalla duplice consapevolezza. La prima attiene alla libertà, quale indispensabile regola generale: “la libertà è un principio morale, radicato nella natura umana. Più precisamente si tratta di un principio di giustizia, dell’abolizione della violenza aggressiva negli affari degli uomini”. La seconda riguarda il carattere politicamente operativo della libertà: il riconoscimento di questo principio morale determina la fioritura della civiltà, il ridimensionamento di ciò causa l’involuzione e la distruzione.
In un’epoca in cui le parole non hanno un significato univoco, la libertà dev’essere costantemente ricondotta al rispetto assoluto della proprietà privata e al diritto di non essere intralciati nel proprio lavoro. Questa libertà economica è la condizione per la civiltà che il mondo ha conosciuto quale frutto maturo della cristianità.
Civiltà oggi in crisi perché la libertà è ostacolata in ogni modo – dall’affermazione dei “diritti civili” alle teorie sull’uguaglianza, dai proclami di “giustizia sociale” ai programmi di redistribuzione, dalla tassazione alla burocrazia. Ci sarebbe da ripetere che, in questo modo, è stata rinnegata “la più favorevole opportunità mai data al mondo, perché la passione per l’uguaglianza (ha…) vanificato la speranza della libertà”. E se tutto oggi sembra contribuire a violare la libertà individuale, il compito più urgente appare quello di una difesa dell’insostituibile “principio morale radicato nella natura umana”.»
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«Piuttosto occorre, in ordine alla necessità di contrastare il distruttivismo socialista, considerare davvero nobile ogni tentativo serio e lecito in quella direzione; molto meno interessante va considerato quell’atteggiamento di disfattistica desistenza che ha sempre costituito il migliore involontario alleato all’avanzamento e al consolidamento dell’ingiustizia e della menzogna. Per quanto si possa essere animati dalle migliori intenzioni – ma, come sappiamo bene, delle migliori intenzioni è lastricata la strada per l’inferno –, occorre abbandonare pregiudizi e ritrosie per saper dare consistenza politica alle idee su cui si fondano le libertà individuali.
Nel momento delle scelte, ogni omissione che nasce dallo sterile pessimismo va accantonata per non caricarsi del peso di una grave, seppur involontaria, corresponsabilità, quella della mancata inefficace resistenza al male. Infatti “perché il male tronfi è sufficiente che i buoni rinuncino all’azione”.»
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«In contrapposizione al congenito collettivismo della Sinistra, la Destra non può che essere radicalmente individualista. Solo questa scelta può garantire il pieno rispetto delle libertà individuali.
Cos’è, in fondo, l’intera storia moderna se non la vicenda delle libertà perdute? La vicenda della grande contrapposizione tra lo Stato e la persona? Il processo storico dell’inglobamento della società nello Stato? Lo schiacciamento dell’individuo nel tritacarne del collettivismo? Esiste un formidabile criterio per sconfessare la massificazione collettivista e per difendere l’individuo nel suo diritto a non subire arbitrii e violenza: il rispetto assoluto e intangibile della proprietà privata. La Sinistra è nemica della proprietà privata sino a decretarne la soppressione ritenendola la causa di tutti i mali; all’origine della Sinistra vi è, infatti, la dichiarazione di lotta secondo cui “i comunisti possono riassumere la loro dottrina in questa unica espressione: abolizione della proprietà privata”. La Destra autentica (non quella fascista, né qualsiasi altra posizione cui fosse indebitamente attribuita questa designazione) non può che essere intransigente paladina della proprietà privata, riconoscendo in tale difesa la migliore e più compiuta difesa della libertà individuale.»